Il Fallimento della Thomas Cook
Una visione divergente in un contesto turistico in evoluzione.
Il fallimento di Thomas Cook non è uno scandalo per il settore turistico, rappresenta soltanto il risultato di una serie di scelte che hanno portato il colosso britannico dei viaggi organizzati a consegnare i libri in tribunale per insolvenza.
La Thomas Cook è il primo Tour Operator del mondo, nato nel 1841 ad opera di un uomo d’affari membro della Temperance Society che organizzò il primo viaggio per portare persone al meeting antialcolista dell’associazione a costo contenuto. Da quel momento in poi l’agenzia di Thomas rese possibile il viaggio a molte persone puntando su economicità e organizzazione completa.
Il modello di business è rimasto pressoché invariato, ma in un contesto attuale completamente diverso rispetto all’800. Un sistema rigido, fatto di prezzi standard e vendita intermediata, non può competere in un mercato turistico rivoluzionato dal digitale e dalla rivoluzione del sistema dei trasporti.
Il web ha permesso di disintermediare l’offerta turistica e grazie alle agenzie di prenotazione online, in grado di competere sulla leva dei prezzi (e della loro comparazione), i viaggiatori possono scegliere la propria soluzione ad un prezzo più basso rispetto a quello offerto dai Tour Operator, mentre le compagnie di volo low cost hanno conquistato sempre più mete turistiche dominate in precedenza dai voli charter.
La sfida della digitalizzazione ha lasciato sul campo chi è stato incapace di reagire in tempi rapidi alla disintermediazione dell’offerta. Thomas Cook ha invece resistito puntando su fidelizzazione e specializzazione sul lato commerciale e patrimoniale, mantenendo 1.200 agenzie di proprietà e soltanto 9 hotel sui 3.000 inseriti nella programmazione con un’esposizione economica eccessiva. L’unica attività profittevole era la Thomas Cook Airline.
Il fallimento è frutto di una serie di decisioni che si sono rivelate sbagliate in un contesto che ha premiato la flessibilità e la visione di coloro che hanno saputo rischiare e riadattare il proprio modello di business al mercato.
È forse proprio l’assenza di visione che ha portato il Tour Operator al fallimento: senza prendere rischi, senza azzardare, ha scelto di proseguire per la sua strada nonostante il resto stesse cambiando. È mancata l’intraprendenza e il coraggio di affrontare il mercato ed il risultato non poteva che essere la scomparsa in un contesto turistico in evoluzione.